Addio a Jerry Heller, personaggio scomodo ma necessario
Jerry Heller non è stato un santo, ma poco importa. In un business popolato da squali senza scrupoli né morali, il co-fondatore della Ruthless Records non ha fatto più di quanto i suoi colleghi – più o meno illustri – s’impegnano a fare quotidianamente, per tener vivo il grande carrozzone dell’industria musicale e – ovviamente – intascare un bel gruzzolo di verdoni.
Jerry Heller se n’è dunque andato, all’età di 75 anni, portando con sé nella tomba tanti riconoscimenti quanti sono i segreti che per sempre ronzeranno intorno alla sua figura. Alcuni sostengono che, se non avesse “plagiato” Eazy-E, costringendolo a sottrarre somme di denaro agli artisti e ad assumere un atteggiamento da leader un po’ troppo marcato nei confronti degli altri N.W.A, la crew di Compton avrebbe potuto conoscere un successo ancor più straordinario, invece di scoppiare come una bolla di sapone nel giro di pochissimi anni.
La sua storia non è mai stata raccontata in maniera attendibile e dettagliata, a meno che non si voglia dar credito a quanto scritto nella sua autobiografia, pubblicata nel 2007 ed intitolata “Ruthless: A Memoir”, nella quale il nativo di Cleveland ripercorre oltre quarant’anni di carriera nel mondo della musica, spesi rappresentando alcuni degli artisti più importanti della storia, tra cui Marvin Gaye, Elton John, i Pink Floyd, Otis Redding e i Black Sabbath. Di certo, il modo in cui è stato portato sul grande schermo nel film “Straight Outta Compton” (interpretato dal grande Paul Giamatti) non gli ha reso assolutamente giustizia, facendolo apparire come un goffo burocrate e distorcendo molte realtà storiche in favore dello spettacolo, ma sappiamo fin troppo bene che la storia viene scritta dai vincitori e non dai vinti.
Un vero peccato, nonché un’occasione persa per raccontare la verità.
Riconosciutigli i peccati oggettivi, tuttavia, è necessario – almeno adesso – tributare a Heller quegli onori di cui in vita è stato ingiustamente privato: è difatti in buona parte suo il merito di aver presentato al mondo autentiche leggende del rap della West Coast (N.W.A, Above the Law, The D.O.C., Bone Thugs-N-Harmony) e l’aver di fatto creato una scena che, fino a quel momento, viveva di sussulti isolati, vittima dello strapotere di una costa atlantica in pieno splendore.
Di quei mitici anni, ormai, rimangono solo i ricordi, e ci si augura che non sbiadiscano: persi Eazy-E e – adesso – Jerry Heller, sta a tutti coloro che hanno amato quanto di eccezionale ha lasciato ai posteri l’esperienza Ruthless Records tener viva la ricca eredità.
Vorremmo poter lasciar fuori da questa romantica storia la parentesi riguardante la gestione della label da parte della vedova di Eazy-E, Tomica Woods, che si è rivelata essere una direttrice avida e dalle capacità manageriali quantomeno criticabili (chiedere a Hopsin), acclamata concausa della caduta definitiva della label, nei primi anni duemila, già in agonia dopo la tragica morte di Eazy.
Riposi quindi in pace, il vecchio Heller, uno di quei rarissimi personaggi scomodi ma necessari, al quale la storia riserva sempre e contemporaneamente uno schiaffo sprezzante ed una dolce carezza.
Claudio Spagnuolo aka Klaus Bundy
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